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Writer's pictureVince Arduaine Di Dato

AFGHANISTAN


Tim O'Brian, in uno dei suoi scritti sul Viet-Nam, dice: “Un'autentica storia di guerra non è mai morale. Non insegna, né nutre la virtù, né suggerisce modelli di comportamento, né impedisce che gli umani facciano quello che hanno sempre fatto. Se una storia di guerra vi sembra morale, non credeteci.”


Mi è difficile parlare della guerra in Afghanistan. Hemingway, in un suo libro dice che le storie dei veterani non interessano a nessuno. E, d'altra parte, nessuno può veramente capirle. Cosa c'è, allora, da dire, su questa guerra in Afghanistan dalla quale siamo appena usciti, ma che non abbiamo concluso – né tantomeno vinto? Ha esaurito la sua funzione e ora abbiamo la Cina? Evidentemente, gli esseri umani hanno bisogno di un nemico per motivarsi.

Naturalmente, quella in Afghanistan non è stata una guerra. Almeno non per gli italiani e almeno non ufficialmente. Come in Iraq e in Somalia, prima, gli italiani erano lì per una “missione di pace”. Una missione di pace in cui hanno combattuto e hanno avuto perdite. Per tutti gli altri, quella in Afghanistan è stata – onestamente - una guerra. Voglio ancora citare Hemingway, quando dice: “Nei vecchi tempi hanno scritto che è dolce e giusto morire per per il proprio Paese. Ma nelle guerre moderne, non c'è nulla di dolce e di giusto, nel tuo morire. Muori come un cane, per nessuna ragione.”

Come è cominciata? Quello tutti lo sappiamo bene. Due aerei di linea si schiantano dentro a due grattacieli di New York e poco dopo la NATO è in Afghanistan – e in Iraq, con una coalizione – per cercare Bin Laden e per portare democrazia e libertà per le donne oppresse, rinchiuse nel loro burqa. Come finirà, ora che ne siamo usciti?

Quello che mi ha sempre toccato, quando mi sono trovato in una guerra, era apprendere della vita delle persone. Famiglie che cercano di andare avanti, giorno per giorno, per lo più senza piani per un futuro. Giovani che cercano la loro occasione con le truppe straniere: interpreti, ingegneri, addetti alla lavanderia.... Nonni disperati che portano bambini lucidi di polmonite all'infermeria di una base militare, i piedi nudi e con addosso solo una felpa di cotone, a febbraio. Un soldato si toglie il suo maglione e lo regala al bambino. Una specie di matahari iraniana che ammalia un ufficiale per ottenere finanziamenti per la sua ONG. Villaggi deserti attraverso cui passano colonne di mezzi militari. Potrebbe saltarne uno su una mina ad ogni svolta. I soldati lo sanno e fanno come se non fosse così. Bambini che tirano sassi alle colonne. Bambini che vengono a chiedere qualcosa: acqua, cibo, un origami.... Anziani Sufi che discutono di antica filosofia con un ufficiale, davanti al tramonto nel deserto. Un anziano custode di un cantiere per la ricostruzione che muore in una notte fredda di febbraio, sotto al telo di plastica che gli fa da tenda. Una ragazzina curata per tre anni in Italia per un tumore e tornata da una famiglia che non conosce più e di cui non parla nemmeno più la lingua. Politici locali corrotti, poliziotti che trasformano prigioni in bordelli. Donne coraggiose che immaginano un futuro migliore per loro e per le loro figlie e che hanno storie da raccontare. Un incendio ad una stazione di servizio e scambi di colpi d'arma da fuoco, con la folla in mezzo che non sa dove andare, sotto un cielo arrossato da un tramonto meraviglioso. Montagne aride che ogni mattina salutano il risveglio di una base nel deserto; ogni giorno uguali, ogni giorno di un colore diverso. E poi materiali. Un infinità di materiali, di ogni tipo, che arrivano con gli aerei da trasporto e che partono con lunghe colonne per le basi più lontane.

Cosa sappiamo, oltre a questo, quando ci immergiamo in una guerra e la guardiamo da dentro? Forse nemmeno questo. Forse è solo un brutto incubo con scene stupefacenti. Una specie di LSD senza chimica. Il conflitto? Quello lo capisco. Il conflitto fa parte della Vita. La guerra è la prosecuzione dell'economia con altri mezzi. Clausewitz lo disse diversamente perché era al servizio delle monarchie feudali europee. Per lui le storie di tutte le persone travolte da una guerra non contavano. Centro di gravità della strategia.... distruzione della capacità di reazione del nemico, attrito, calcolo e imprevedibilità. Sun Tzu era più saggio, ma Sun Tzu era cinese e daoista.


Ancora Hemingway: “Non pensare mai che una guerra, non importa quanto necessaria e né quanto giustificata, non sia un crimine.” A me, la più grande lezione su guerra e pace la diede mio padre. Un militare, come molti nella mia famiglia: avevo dieci anni e mi portò ad una esercitazione in montagna. Mi fece mettere sulla linea di tiro, con un fucile Garand. Sparai dieci colpi. Ricordo perfettamente l'odore della polvere da sparo mischiato a quello delle erbe degli alti pascoli, mentre ero sdraiato lì col cuore a mille e sparavo ad un soldato di carta, come quelli dei miei giochi, solo più grande. Mi fece alzare e mettere sull'attenti, davanti a tutti gli alpini della 134 Compagnia. “Ricordati – mi disse – prima di far parlare le armi, e che mai succeda, fai sempre, sempre tutto quello che puoi per far parlare le persone. Tutto quello che puoi. E ricordati che i militari non vogliono la guerra. Sono i militaristi che la invocano e sono i politici che la dichiarano. Noi dobbiamo andare a farla e troppo spesso morirci.”

Arturo Perez-Reverte, un grande scrittore spagnolo, già reporter di guerra, ha scritto: “E' sempre la stessa barbarie, da Troia a Mostar, o Sarajevo, sempre la stessa guerra. (….) Ai tempi di Troia ero molto giovane. Ma negli ultimi vent'anni ho capito parecchio. Non so cosa vi diranno gli altri; ma io ero lì, e giuro che è sempre lo stesso.”

Finirà la guerra in Afghanistan? Basterà il fatto che ce ne andiamo? Abbiamo vinto noi?

Il vecchio Hemingway guarda fisso lontano, dal suo tavolo all'Harris Bar e dice: “La guerra non si vince con una vittoria.” - “La guerra non è più fatta dall'analisi di semplici forze economiche, se mai è stata così. La guerra è ora pianificata da individui, demagoghi e dittatori che giocano con il patriottismo della loro gente, per ingannarli nel credere nella grande menzogna, quando tutte le loro pretese riforme hanno fallito nel soddisfare il popolo che essi hanno così mal governato.” - “Forse le guerre non sono più vinte, ormai. Forse vanno avanti per sempre. Forse sarà un'altra Guerra dei Cent'Anni.” Ernst alza il bicchiere e non sorride.

Magari si continuerà nel Mar della Cina, in Lituania, in Ucraina o in Venezuela. O chissà dove. Finché prima o poi capiremo che, come dice Sun Tzu, per vincere una guerra non dovremo combatterla.

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